15 Maggio 2012.
Introduzione
Nell'esaminare a ritroso cronache passate alla ricerca di fenomeni che, quando avvenuti, siano stati percepiti come straordinari, capita di imbattersi in resoconti che, anche con occhio moderno, continuano a essere difficilmente inquadrabili facendo ricorso a categorie usuali nonché preconcette. Quanto accaduto a metà Settecento nel Gévaudan - ex provincia francese il cui territorio fa ora parte del Lozère e dell'Alta Loira -, come vedremo, è emblematico di ciò ed è per questo che intendiamo portare all'attenzione dei nostri lettori gli accadimenti che videro protagonista quella che sarebbe passata alla storia con il nome di "Bestia del Gévaudan".
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I primi attacchi
Il primo atto della vicenda occorse ai primi di giugno del 1764, quando una donna di Langogne venne assalita da una strana bestia mentre si trovava in una radura a pascolare il bestiame. I suoi due cani fuggirono spaventati, mentre i buoi le si strinsero intorno facendo da scudo agli assalti della creatura ignota. La donna, sconvolta, disse che non si trattava né di un cane selvatico né di un lupo, ma molti in realtà pensarono fosse ancora sotto shock. La vicenda sarebbe stata presto dimenticata da tutti, non fosse che, nei mesi successivi, si ebbe una crescente serie di attacchi da parte dell'animale sconosciuto, attacchi di cui furono testimoni molte persone che poterono così spazzare via l'alone di incredulità che aveva circondato il primo assalto: il 30 giugno successivo, a circa due settimane dal precedente caso, una ragazza quattordicenne venne divorata a Saint Etienne de Ludgares; l'8 agosto venne nuovamente trovata a Puy-Laurent una ragazza orrendamente mutilata; a fine agosto vennero trovati morti tre quindicenni di Chayla l'Evéque, una signora di Arzenc, un pastore di Chaudeyrac e una ragazza di Thorts. Particolare inquietante, i cadaveri venivano trovati mutilati ma non divorati, nel senso che la bestia non si nutriva dei corpi uccisi ma si limitava a suggerne il sangue. Tutti coloro che avevano avuto modo di vedere la creatura erano concordi sul fatto che non si trattasse di un comune lupo bensì di un essere bizzarro, grande come un vitello, pelo rossastro, testa sproporzionata, bocca perennemente spalancata, orecchie corte e dritte, torace dal pelame più chiaro, coda lunga e dalla punta bianca e, secondo alcuni, zampe posteriori dotate di zoccoli. Non solo, data la concomitanza di alcuni avvistamenti sembrava che vi potesse essere più di un singolo esemplare dell'animale, il quale, inoltre, secondo alcuni testimoni sarebbe stato in grado di compiere balzi di circa 5 metri e persino di parlare.
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La caccia è aperta
Dal momento che le morti riconducibili all'operato di un animale anomalo continuavano, Re Luigi XV autorizzò l'utilizzo dell'esercito. Fu così che ebbero inizio lunghe battute in tutto il Gévaudan nella speranza di catturare la bestia: anche la popolazione locale costituì delle vere e proprie posse e la regione venne percorsa in lungo e in largo da migliaia di persone, tutte fermamente intese a porre fine alle terribili morti che avevano sconquassato la vita locale. Ciò nonostante, il 12 gennaio 1765 si ebbe un ulteriore attacco: il giovane pastore Jacques Portefaix e altri suoi sei amici vennero assaliti dalla bestia ma riuscirono a non soccombere nel corso di un'epica lotta in cui diedero prova di un coraggio che valse loro il riconoscimento di una rendita perpetua da parte del re. La popolazione, sempre più esasperata, cominciò ad escogitare trappole che si potrebbero definire come minimo peculiari: dalle "donne artificiali" (manichini formati da sacche di pelle di pecora cosparse di sangue e riempite di budella intrise di veleno) alle cavie umane (uomini camuffati con pelli di orso, cervo, daino, capra, con un copricapo riempito di lame di coltello, ognuno con indosso tre etti di grasso di cristiano misto a sangue di vipera e tre pallottole morse da una vergine) a complessi congegni (notevole un macchinario composto da trenta fucili azionati da funi collegate a un vitello di 6 mesi il quale, nel caso fosse stato attaccato dalla bestia, divincolandosi avrebbe messo in moto il meccanismo). Tuttavia, questi tentativi per catturare la bestia non andarono a buon fine e gli assalti continuarono senza sosta. I resoconti sulla bestia acquisirono una portata notevole, al punto che in tutta la Francia non si faceva altro che parlare della creatura. Fu in questo clima di terrore generale che un certo Jean Charles Marc Antoine Vaumesle d'Enneval, nobile normanno, noto come implacabile cacciatore di lupi, si offrì di cacciare la bestia. Egli, insieme al figlio, giunse a Clermont Ferrand il 17 febbraio 1765 insieme a otto cani addestrati alla caccia al lupo e incominciò a indagare sui casi più recenti. La prima cosa di cui si rese conto fu quella che non si trovava dinnanzi a un comune lupo: le tracce lasciate al suolo, i balzi immani nonché la capacità di spostarsi così rapidamente da una zona all'altra gli fecero capire che avrebbe dovuto faticare più del solito per cacciare la sua preda.
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La Bestia è morta, viva la Bestia
I mesi, però, passavano, e la bestia continuava a mietere numerose vittime, al punto che re Luigi XV, non comprendendo come fosse possibile che un animale, per quanto anomalo, non venisse catturato, incaricò, nel giugno del 1765, il suo Gran Portatore di Archibugio, François Antoine, di uccidere la belva. François si recò sul posto e, come molti altri prima di lui, iniziò a braccare l'animale misterioso, con tanto di messa in opera di ingegnose trappole. Il 21 settembre 1765, nel corso di un appostamento, egli vide appressarsigli un animale enorme, con la bocca spalancata e gli occhi spiritati. François sparò e colpì a morte l'animale: 45 chili, lungo 1 metro e 75 centimetri, con denti aguzzi e zampe molto sviluppate ma, come era apparso chiaro fin dall'inizio a François e come avrebbe in seguito confermato il chirurgo di Saugues, si trattava di un lupo, per quanto dalle forme poderose. L'animale venne portato a Parigi e grandi onori vennero tributati a François e a suo figlio. Nel Gévaudan, al contrario, gran scetticismo aleggiava su quanto accaduto, dal momento che molti sospettavano che François si fosse limitato a uccidere un semplice lupo solo per ottenere la gloria di essere visto, agli occhi del re, come l'uccisore della Bestia. Infatti, dopo poche settimane, gli assalti ripresero secondo le stesse modalità viste in precedenza, con forse addirittura maggiore intensità, al punto che, secondo quanto riportato nelle cronache dell'epoca, dal primo gennaio 1766 si sarebbe avuto un attacco al giorno. Alcuni testimoni affermarono che l'animale era in grado di stare ritto sulle zampe posteriori e che proprio in questa postura aggrediva le persone onde poter graffiare con maggiore agilità. Subito vennero inoltrate richieste di aiuto a Parigi, ma il Re non ne volle sapere, dal momento che riteneva chiuso il caso. Di conseguenza, vennero nuovamente formati comitati per catturare l'animale. Fu il 19 giugno 1767, durante una di queste battute, che un certo Jean Chastel, cacciatore esperto di 60 anni, riuscì a sparare alla bestia e a ucciderla. Il cadavere dell'animale venne portato al castello di Besques per essere esaminato: si trattava effettivamente della Bestia. Molto diversa da un lupo, con un fitto pelame rossastro attraversato da striature nere, una testa di dimensioni anomale, gli occhi provvisti di una insolita membrana in grado di coprire l'intero bulbo oculare, zanne munite di artigli lunghissimi, una dentizione ipersviluppata e, elemento che fece comprendere come questa volta fosse stato ucciso il vero responsabile delle morti avvenute in quel triennio, con resti umani nello stomaco. Il corpo della Bestia venne esposto in tutto il Gévaudan per settimane e, ad agosto, venne portato a Parigi con l'intento di mostrare come l'intera vicenda fosse stata sminuita dal re. Sfortunatamente, dato il caldo agostano, il cadavere della Bestia subì un brusco processo di decomposizione che rese vana qualsiasi ulteriore autopsia a Parigi, al punto che dovette essere seppellito senza venire analizzato da qualche chirurgo parigino. A differenza di quanto accaduto dopo la morte della prima bestia (che in realtà era un comune lupo), gli attacchi non si verificarono più e la popolazione del Gévaudan poté riprendere la propria vita di sempre.
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Ipotesi
Come in qualsiasi ambito, gli elementi che bisogna maggiormente tenere in considerazione per poter formulare delle ipotesi giungono dalle testimonianze di prima mano dell'epoca. Esse ci dicono in maniera chiara e incontrovertibile che la Bestia non era un comune lupo. Per quanto si potrebbe obiettare che si trattasse di esagerazioni dovute alla grande paura sviluppatasi nella regione, in ogni caso la conferma del fatto che non fosse un lupo ci giunge dalle analisi effettuate al castello di Besques e di cui è rimasta una testimonianza ufficiale redatta dal professor Marin, regio scrivano del Langeac. Ad ogni modo, l'ipotesi lupo è continuata a circolare negli ambienti scientifici per decenni, finché nel 2009 History Channel non ha prodotto un documentario, realizzato dal celebre zoologo Ken Gerhardt e dal criminologo George Deuchar, in cui, tramite l'utilizzo di tutte le tecniche forensi più moderne, è stato dimostrato come il lupo non abbia sufficiente forza mandibolare per poter tagliare le ossa, decapitare le persone o tranciare arti. Una volta messa da parte l'ipotesi lupo, però, occorre domandarsi che cosa fosse quindi la Bestia. Sempre il documentario di History Channel ha suggerito si fosse trattato di una iena, dal momento che le descrizioni (in particolare il pelame rossastro striato) potrebbero ben riferirsi a questo animale, senza dimenticare che, al contrario del lupo, la iena ha una forza mandibolare sufficiente per recidere le ossa. Il documentario si spinge oltre, affermando che tale iena potesse essere stata in parte addomesticata proprio dal suo futuro assassino, Jean Chastel, il quale avrebbe creato di proposito la minaccia, causando gli eventi, per poi giungere egli stesso in qualità di salvatore ed essere acclamato e onorato dalla gente del posto (pratica ben nota e adottata in molti altri campi, con particolare riferimento alla gestione della res publica). Si tratta sicuramente di un'ipotesi suggestiva e interessante, per quanto non sia facilmente comprensibile come Jean Chastel, cacciatore sessantenne del Gévaudan, sia potuto entrare in possesso di una iena e, ancor più, come abbia potuto addomesticarla. Non solo, il fatto che, fino al 1954, la Francia sia stata per almeno altre quattro volte (1693-1696, 1809-1812, 1875-1878 e 1951-1954) teatro di caccia per una bestia identica a quella del Gévaudan e responsabile di morti atroci prodotte da terribili lacerazioni unite a contestuale dissanguamento, non può non fare venire in mente almeno due ulteriori ipotesi. La prima, pensando anche alla postura eretta della bestia notata in alcune circostanze, ai suoi balzi e alle morti per dissanguamento, è che si trattasse di una sorta di chupacabras (il quale tra l'altro, stando alle ricerche svolte su un esemplare trovato da una studiosa texana, sarebbe semplicemente una specie anomala di coyote mutato, quindi sempre un canide, proprio come la presunta iena del Gévaudan). In seconda battuta, facendo riferimento soprattutto alla sfuggevolezza della creatura e al terrore che essa instillò nella popolazione (terrore arcano che ben difficilmente potrebbe essere provocato da un semplice animale, per quanto feroce), si potrebbe anche pensare a un essere non riconducibile al mondo animale, un'entità proveniente da un altro piano del reale che si è immessa nella nostra dimensione a intervalli regolari (da notare la sua comparsa in archi di tempo della durata di un triennio), proprio come l'Uomo Falena, il New Jersey Devil, il Sasquatch.
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Conclusioni
In conclusione, ancora forti dubbi aleggiano in merito all'effettiva natura dell'animale che terrorizzò il Gévaudan a metà Settecento. L'unico aspetto di cui si è certi è che non si trattasse di un lupo, poiché le stesse analisi dell'epoca fecero accantonare presto questa ipotesi. Se si trattasse di una iena, di un chupacabras o di un'entità paradimensionale, purtroppo nessuno, a oltre due secoli di distanza, può dirlo con certezza, per cui solo eventuale nuova casistica potrà consentirci di tracciare possibili parallelismi tra fenomeni contemporanei e la bestia del Gévaudan.
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Bibliografia essenziale:
KEEL John, Strange Creatures from Time & Space, Sphere Books, Londra, 1975.
LAGRAVE Roger, Autres dits de la bête, Éditions Gévaudan Cévennes, 2005.
LOUIS Michel, La Bête du Gévaudan - L'innocence des loups, Librairie Académique Perrin, Parigi, 2001.
POURCHER Pierre, Histoire de la bête du Gévaudan, Jeanne Laffite, Marsiglia, 2006.
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