Machu Picchu e gli Inca.
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Perù, sito archeologico di Machu Picchu. (Fonte: Dalla
rete) |
Perù, culla di un'antica
civiltà molto evoluta che scomparve misteriosamente migliaia di anni fa,
lasciando in quel territorio alcune testimonianze archeologiche che mettono in
luce il livello di sviluppo della sua tecnologia che ancora oggi ci lascia
esterrefatti. Chi furono quegli antichi costruttori dei magnificenti siti
archeologici nei quali le pietra sono state plasmate in forme e dimensioni che
lasciano oggi gli uomini del nostro tempo sgomenti?
Nella maggior parte del
resto del mondo esistono i resti di civiltà che nel corso dei secoli, sono
nate, cresciute, scomparse. A volte per cause sconosciute, a volte per la furia
dei popoli che le hanno conquistate. Resti riapparsi dalle nebbie del tempo a
cui oggi guardiamo con ammirazione. In molte di essi ammiriamo la perfezione
degli allineamenti astronomici e la maestria costruttiva che ha plasmato la
pietra in forme e dimensioni che lasciano sgomenti. Strutture talmente
sofisticate e mastodontiche che ancora oggi sarebbe difficile realizzare.
Il nostro viaggio
sull'ipotetica linea del tempo alla ricerca degli antichi astronauti ci porta
oggi in Perù, ove vi sono i resti di un'antica civiltà. Chi realizzò Machu
Picchu?
Il Machu Picchu ['matʃu
'piktʃu] è un sito archeologico Inca situato in Perù, nella valle
dell'Urubamba, a circa 2.430 m.s.l.m.. Il nome deriva dai termini quechua,
machu (vecchio) e pikchu (cima o montagna).
Fa parte dei Patrimoni
dell'umanità stilati dall'UNESCO. Nel 2003, più di quattrocentomila persone
hanno visitato le rovine e l'UNESCO ha espresso preoccupazione per i danni
ambientali che un tale volume di turisti può arrecare al sito.
Le autorità peruviane,
che ovviamente ricavano dei notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono
che non ci siano problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba
sia, da solo, sufficiente a limitare il flusso turistico. Periodicamente viene
proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle,
ma finora la proposta non è passata. La località è oggi universalmente
conosciuta sia per le sue imponenti ed originali rovine, sia per
l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba, circa
400 metri più in basso.
Nel 2007 Machu Picchu è
stato eletto come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.
Machu Picchu si trova a
13° 9' 47" di latitudine sud e 72° 32' 44" di longitudine ovest.
Forma parte del distretto omonimo, nella provincia di Urubamba, regione di
Cusco, in Perù. La più vicina città importante è Cusco, attuale capoluogo della
regione e antica capitale Inca, a 130 km. I monti Machu Picchu e Huayna Picchu
appartengono a una grande formazione orografica conosciuta come Batolito di
Vilcabamba, nella Cordigliera Centrale delle Ande peruviane. Si trovano sulla
riva sinistra della cosiddetto canyon dell'Urubamba, conosciuto anticamente
come gola di Picchu. Ai piedi delle alture, praticamente cingendole, scorre il
fiume Vilcanota-Urubamba. Le rovine incaiche si trovano a metà strada fra le
cime delle due montagne, a 450 metri di altitudine sul livello del fondovalle e
a 2.438 su quello del mare.
La superficie edificata
misura approssimativamente 530 metri di lunghezza e 200
di larghezza, contando 172 edifici nell'area urbana.Le rovine propriamente
dette sono situate all'interno di un'area intangibile del Sistema Nazionale
delle Aree Naturali Protette dallo Stato (SINANPE, Sistema Nacional de Áreas
Naturales Protegidas por el Estado), chiamata Santuario storico di Machu
Picchu, che si estende su una superficie di 325,92 km² del bacino del
Vilcanota-Urubamba (il Willka mayu o "fiume sacro" Inca).
Il Santuario storico
custodisce e protegge una serie di specie biologiche in pericolo d'estinzione e
vari siti incaici, fra i quali Machu Picchu è considerato il principale.
Verso il 1440 d.C. la
gola di Picchu fu conquistata da Pachacútec, primo imperatore Inca (1438 d.C.-
1470 d.C.), durante la sua campagna nei pressi di Vilcabamba. Il sito di Machu
Picchu dovette impressionare il monarca per le sue peculiari caratteristiche
nell'ambito della geografia sacra della regione di Cusco, e perciò egli avrebbe
ordinato di costruirvi, verso il 1450, un complesso urbano con edifici di gran
lusso, civili e religiosi. Si ritiene che Machu Picchu avesse, come la maggior
parte delle llactas incaiche, una popolazione mobile, che oscillava fra i 300 e
i 1.000 abitanti: membri di un'élite (probabilmente la panaca di Pachacútec) e
acllas. È stato dimostrato che la manodopera agricola era composta di coloni
mitimaes o mitmas (mitmaqkuna) provenienti da luoghi diversi dell'impero.
Machu Picchu non era da
nessun punto di vista un complesso isolato, per cui il mito della "città
perduta" e del "rifugio segreto" degli imperatori Inca è privo
di fondamento. Le valli che confluivano nella gola formavano una regione
densamente popolata che crebbe spettacolarmente in produttività agricola a
partire dall'occupazione Inca, nel 1440.
Gli Inca costruirono sul
posto molti centri amministrativi - i più importanti dei quali furono
Patallacta e Quente Marca - e numerosi complessi agricoli formati da terrazze
di coltivazione.
Machu Picchu dipendeva
da questi complessi per la sua alimentazione, poiché i campi del settore
agrario della città sarebbero risultati insufficienti per rifornire la colonia.
La comunicazione intraregionale era possibile grazie alla rete delle strade
incaiche: otto di esse conducevano a Machu Picchu.
La cittadina di Picchu
giunse a differenziarsi dalle colonie vicine per la singolare qualità dei suoi
principali edifici.
Alla morte di
Pachacútec, conformemente alle usanze reali incaiche, Machu Picchu e il resto
delle sue proprietà personali sarebbero state trasferite all'amministrazione
della sua panaca, che doveva destinare le entrate prodotte al culto della
mummia del defunto re.
Si presume che questa
situazione si sia mantenuta durante i governi di Túpac Yupanqui (1470 d.C.-1493
d.C.) e di Huayna Cápac (1493 d.C.-1529 d.C.).
Machu Picchu dovette
perdere in parte la sua importanza trovandosi a competere in prestigio con le
proprietà personali dei successori. Di fatto, l'apertura di una via più ampia e
sicura fra Ollantaytambo e Vilcabamba (quella della valle di Amaybamba)
disimpegnò la strada della gola di Picchu.
Si suppone che la città
di Machu Picchu fosse stata costruita dall'imperatore Inca Pachacútec intorno
all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. La
posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i
profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti,
una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro
secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, unite a recenti studi
su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città,
quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la
nobiltà Inca.
Si è calcolato che non
più di 750 persone alla volta potessero risiedere a Machu Picchu e
probabilmente durante la stagione delle piogge o quando non c'erano nobili, il
numero era ancora minore. La città fu riscoperta il 24 luglio 1911 da Hiram
Bingham, uno storico di Yale, che stava esplorando le vecchie strade Inca della
zona alla ricerca dell'ultima capitale Inca: Vilcabamba.
Bingham compì parecchi
altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915 e solo più tardi si rese conto
dell'importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella
che lui chiamava Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche, scrisse parecchi
articoli e libri su Machu Picchu: il più conosciuto fu “La città perduta degli
Inca”.
Paradossalmente
Vilcabamba non era Machu Picchu: l'ultima capitale era a Espíritu Pampa:
nascosta nella giungla, a poche centinaia di metri da dove era arrivato lui
durante le sue ricerche. Nel 2008 una serie di documenti scoperti negli archivi
americani e peruviani da alcuni studiosi internazionali, tra cui lo storico
americano Paolo Greer, rivelano che il tedesco Augusto Berns scoprì invece
Machu Picchu nella seconda metà dell'800 e costituì una società per sfruttarne
le ricchezze. Berns scoprì la località nel 1867, 44 anni prima che
l'esploratore americano Hiram Bingham la rivelasse al mondo occidentale. Greer
e i suoi colleghi puntano ora a localizzare i tesori perduti, molti dei quali
potrebbero essere finiti in collezioni private.
Ma chi
erano gli Inca? Gli Inca furono gli artefici di una delle maggiori civiltà
precolombiane che si sviluppò nell’altipiano andino, tra il XIII e il XVI
secolo, giungendo a costituirvi un vasto impero. Il termine Inca è perlopiù
usato come sostantivo, generalmente al plurale (gli Inca), ma viene utilizzato
anche come aggettivo per qualificare manifestazioni varie di questo popolo (ad
esempio si utilizzano espressioni quali architettura inca, religione inca,
scrittura inca). Il complesso delle attività culturali e formative della
collettività in esame viene comunemente indicato come civiltà inca, ma non è
raro l'utilizzo del termine gli Inca per riferirsi, in senso lato, alla loro
cultura.
Gli studiosi di storia
precolombiana si sono sempre domandati se gli Inca fossero stati una stirpe
autoctona o se fossero giunti nell’attuale Perù a seguito di una migrazione da
paesi lontani. Particolari ricerche sono state indirizzate a risolvere il
problema esaminando gli aspetti legati alla morfologia, all’archeologia e alla
linguistica, mentre altre si sono orientate sullo studio dei miti delle origini
tramandati dai cronisti spagnoli.
Già William H.
Prescott,
nella sua monumentale “Conquista del Perù” aveva fatto riferimento a delle
differenze riscontrate tra i crani di Inca e quelli di peruviani comuni. La sua
osservazione derivava dalla lettura di “Crania americana”, un’opera del suo
compatriota Samuel George Morton, uscita in Filadelfia nel 1839. Morton aveva
effettuato delle accurate misurazioni dei crani delle mummie peruviane con
tutt’altro scopo. Era un convinto assertore della teoria della poligenesi e
tendeva a dimostrare che le razze umane non derivavano dal medesimo ceppo,
inoltre riteneva che la misura del cervello determinasse il livello
d’intelligenza.
Tuttavia dai suoi studi
emergeva che i crani di Inca differivano da quelli dei loro sudditi comuni per
un angolo facciale molto più sviluppato.
Le sue osservazioni
hanno alimentato per lungo tempo la convinzione che gli Inca appartenessero ad
una razza estranea alle Ande, ma i moderni ricercatori hanno opposto alcune
considerazioni assai penetranti. Secondo loro, le ricerche di Morton sono state
effettuate su un numero troppo esiguo di reperti per poterle accettare come
conclusioni generalizzate. Inoltre il professore americano non ha tenuto conto
delle pratiche di deformazione del cranio, diffuse nel Perù dell’epoca, che
differivano tra etnia ed etnia con risultati anche imponenti.
L'archeologia classica
non ha permesso di dipanare il mistero dell’origine degli Inca. Scavi
approfonditi nell’area del Cuzco hanno tuttavia dimostrato che l’uso della
ceramica inca appare improvvisamente su un anteriore substrato estraneo, a
riprova dell’arrivo dei suoi utilizzatori, quando erano già in possesso delle
necessarie tecniche artistiche e costruttive. Successive investigazioni su
reperti apparentati trovati in altre aree centroamericane non hanno invece
consentito di riconoscervi una origine comune essendo prevalente l’opinione di
uno scambio limitato tra diverse culture.
Manufatti di natura
inca, prevalentemente metallici, sono stati in effetti ritrovati in tutto il
continente sudamericano, ma sono frutto di scambi o di razzie essendo i loro
possessori ad un livello culturale nettamente inferiore a quello peruviano.
Si osserva al proposito
che l’esistenza dell’impero inca era già nota ai Portoghesi almeno dieci anni
prima della sua scoperta, grazie ai racconti degli indigeni della regione del
Rio de la Plata con cui erano in contatto. Un avventuriero lusitano, Alejo
García, partecipò personalmente, nel 1526, ad una spedizione effettuata dagli
indigeni Guaraní a scopo di razzia giungendo, attraverso la selva, fino ai
confini orientali del regno di Huayna Capac.
La comparazione delle
ricerche effettuate nei vari campi di indagine non permette di risolvere con
certezza il mistero dell'origine degli Inca, tuttavia consente di proporre
delle ipotesi ragionevolmente probabili sulla loro appartenenza al ceppo
andino, a sua volta derivato da una remota migrazione dal Nord del continente.
Il loro linguaggio, probabilmente puquina, è riferito ad un idioma usato in una
località sui bordi del lago Titicaca. Tutti i miti che li riguardano hanno in
comune l'identificazione del loro luogo di origine in una zona sempre collocata
nei pressi di questo lago.
La loro presenza nel
Cuzco è preceduta da una peregrinazione nella regione, sempre partendo dal
grande specchio d'acqua. Infine nella storia degli Inca troviamo innumerevoli
riferimenti alla zona del lago ritenuta sacra ed oggetto di pratiche, anche
importanti, di devozione.
Per questi motivi, la
maggior parte degli investigatori sulle antichità incaiche sono concordi nel
ritenere che gli Inca derivano da una particolare etnia andina costretta a
lasciare la propria zona d'origine, nei pressi del lago Titicaca, per una
qualche calamità naturale o per un'invasione straniera. La ricerca di un nuovo
territorio avrebbe richiesto parecchi anni e faticose traversie attraverso
scontri con altre tribù ostili ed avrebbe avuto fine soltanto con il loro
ingresso nella conca del Cuzco, scarsamente abitata e oggetto di una facile
conquista.
Solo da quel momento
avrebbe avuto inizio la vera storia degli Inca.
Fanno eccezione alcuni
studiosi tra cui Louis Baudin (Il Perù degli Inca) e José Imbelloni (La esfinge
indiana) che propendono per una origine polinesiana dei peruviani, Inca
compresi, ma la loro resta una tesi isolata seppur appoggiata da suggestive
argomentazioni.
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà degli autori.
Al prossimo post!
La pubblicazione on line del libro è sospesa tenuto conto che a breve sarà depositato l'inedito presso lo Sportello Autori della sede SIAE di Palermo e che successivamente l'opera sarà pubblicata da parte di una casa editrice contattata dagli autori.
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