OOPART ANCORA DA VERIFICARE.
Fra gli altri OOPArt ancora da studiare e verificare vi sono: il mortaio con pestello rinvenuto nella Table Mountain (California, nella contea di Tuolumne, in uno strato di roccia risalente al Terziario e datato tra i 33 i 55 milioni di anni). Su tale oggetto, tuttavia, non ci sono segni di lavorazione umana ed è quindi plausibile che si tratti di semplici pietre elaborate dalla natura e che accostate tra loro fanno pensare a un mortaio con relativo pestello.
Ed ancora: gli oggetti microscopici rinvenuti presso le rive del fiume Narada in Russia sulla catena degli Urali, costituiti, stando alle descrizioni, da elementi che si avvolgono a spirale, alcuni della grandezza di pochi millimetri, in rame, tungsteno e molibdeno, interpretati come antichi esempi di nanotecnologia. Tale interpretazione è stata messa in dubbio: come spesso accade per questi “oggetti impossibili,” è difficile dare una ricostruzione pacifica per la mancanza di informazioni dettagliate ed attendibili. Nel caso di questi presunti oggetti microscopici non si riesce, ad esempio, a sapere dove si trovino attualmente gli oggetti in questione.
Fra gli “oggetti fuori dal tempo” sin qui esaminati vi sono anche i tubi di Baigong in Cina. Essi sono dei tubi metallici rinvenuti in una grotta nella provincia di Qinghai, e nelle vicinanze, interpretati variamente come manufatti artificiali, antiche condutture, o come formazioni naturali. Ulteriori studi sono oggi impediti dal fatto che le autorità cinesi usano il sito come attrazione turistica.
Altro OOPArt di una certa valenza è la cosiddetta “protesi metallica”, in ferro puro, lunga 23 cm, presente nella gamba della mummia del sacerdote Usermontu risalente alla XXVI dinastia egizia (656 a.C.- 525 a.C.). Si ritiene che la "protesi" sia stata messa nella fase di mummificazione del corpo in vista della resurrezione, si tratta, quindi, di una riparazione postuma. In un giornale del 1891 è riportata la notizia del ritrovamento di una catena d'oro a Morrisonville, nell'Illinois, rinvenuta, stando al racconto, in un pezzo di carbone e sempre secondo l'articolo, risalente a 300 milioni di anni fa, ritrovata da parte della moglie del direttore del giornale, S.W. Culp. Come per altri OOPArt non si hanno notizia della reale esistenza del monile e del suo possessore.
Fra gli altri OOPArt da esaminare e verificare vi è anche “la tazza in ferro di Wilburton” rinvenuta nel 1912 in una miniera di Wilburton, nell'Oklahoma, da parte di Frank J.Kenwood in un blocco di carbone. La classificazione come OOPArt si basa su racconti aneddotici e l'oggetto sin dagli anni '60 è stato usato come strumento di propaganda creazionista senza tuttavia che via sia alcuna prova circa la reale antichità.
Il Dipartimento geologico dell'Oklahoma dichiarò che il carbone era antico di 312 milioni di anni. Ecco cosa emerge dalla dichiarazione giurata di Frank J. Kennar, del 27 Novembre del 1948:
“Mentre stavo lavorando nel Municipal Electric Plant in Thomas, Okla in 1912, venne alla luce un pezzo di solido carbone che era troppo grande per l’uso. Lo ruppi con un martello da fabbro. Questa ciotola di ferro (foto 1) cadde dal centro, lasciando il calco, o la matrice della stessa nel pezzo di carbone. Jim Stull ( un dipendente della compagnia) era presente alla rottura del pezzo di carbone e vide la ciotola uscire da esso. Rintracciai l’origine del carbone e trovai che esso veniva dalle WILBURTON OKLAHOMA Mines”.
Fra gli OOPArt più famosi al mondo vi è la “Fuente Magna”, cioè un vaso ritrovato in Bolivia nel 1950 con presunte incisioni a caratteri cuneiforme di presunta origine sumerica. Il primo a rimettere dopo secoli le mani sopra la “Fuente Magna” fu un semplice ignorante contadino boliviano, che la ritrovò per puro caso all'interno delle proprietà della Hacienda Chua, la fattoria dove lavorava a pochi chilometri dal lago Titicaca. Il suo datore di lavoro, il capo della famiglia Manjón proprietaria della hacienda, non sapeva proprio che farsene di quello strano largo vaso tutto crepe e incisioni, ma decise di contattare un suo vecchio amico archeologo per avere un parere a riguardo. Fu così che Max Portugal Zamora giunse alla fattoria dell'amico Manjón, lontana quasi un centinaio di chilometri da La Paz. L'uomo rimase affascinato dall'oggetto, così simile ai tanti recipienti per uso cerimoniale che aveva esaminato e catalogato in carriera eppure così diverso. C'era qualcosa in tutte quelle incisioni, decorazioni e bassorilievi che lo ricoprivano sia all'interno che all'esterno che a suo parere meritava grande attenzione e di essere studiato. Zamora portò il vaso nel museo di La Paz e lo restaurò, spendendo poi numerose, lunghe e inconcludenti ore nel tentativo di tradurre le parole incise nella sua parte interna. Sconfortato si diede infine per vinto e smise di provare. Il Vaso Fuente, come anche verrà chiamato in futuro, finì così banalmente con l'essere conservato insieme a tanti altri oggetti in uno dei magazzini del museo: lì rimase per decenni, completamente dimenticato. Circa 35 anni dopo riemerse dalle polveri di quel magazzino per diventare in breve tempo uno degli OOPArt più studiati e fonte di teorie alternative sulla storia del Sud America. Una serie di domande si fece largo nella mente di chi si occupò di questo compito: ma da dove viene questo vaso così ricco di incisioni e decorazioni interne ed esterne? Qual è la sua storia?
Freddy Arce e Bernardo Biadosche ricercarono informazioni sull'oggetto arrivando a investigare fin nei territori a nord del lago Titicaca, a Chua. Del ritrovamento del manufatto avvenuto quarant'anni prima non se ne ricordava quasi nessuno, tranne un vecchio ormai centenario che non solo lo riconobbe da una foto, ma spiegò ai due ricercatori che "ai suoi tempi" attorno al villaggio di oggetti simili ne erano stati trovati parecchi. Tutti erano stati poi utilizzati per le funzioni più disparate (anche come mangiatoie per i maiali) per poi sparire nel nulla nel corso dei decenni fino a essere del tutto dimenticati. La vite di Treasure City, si dice scoperta nel 1869 negli USA a Treasure City (un paese di cercatori d'oro oramai abbandonato nello stato del Nevada) è uno di quei ritrovamenti classificati come OOPArt, ovvero "manufatti trovati fuori posto", dai sostenitori dell'archeologia misteriosa. In uno strato di roccia sarebbe stata trovata l'impronta apparente di una vite di 5,08 cm di lunghezza. La vite che si presuppone fosse stata di materiale ferroso si è ormai completamente perduta, ma impressa nella roccia vi si è trovata la forma fotografata dell'oggetto. Come per altri OOPArt non si hanno notizia della reale esistenza della roccia e del suo possessore.
OOPART SOTTOPOSTI AD ESAMI SCIENTIFICI APPROFONDITI.
Particolare rilevanza fra gli OOPArt , rinvenuti ed esaminati, assume la cosiddetta “batteria di Baghdad”, datata tra il 250 a.C. e il 250 d.C.. Il manufatto, scoperto nel 1936 nei pressi del villaggio di Khujut Rabu, presso Bagdad, è considerata essere una cella galvanica per placcare in oro oggetti di argento, ma molto probabilmente era un contenitore per rotoli sacri di papiro. Il vaso di Dorchester30, Massachusetts (USA), datato a 320 milioni di anni fa, in realtà non ha nulla di antico e plausibilmente si trattò di uno scherzo ad opera degli operai del cantiere dove è stato rinvenuto.
Le pietre di Ica, Perù, raffiguranti scene risalenti a 65 milioni di anni fa. Sono state ritrovate circa 15.000 pietre e molte di esse si sono rivelate essere un falso.
Il Teschio dello Zambia, o "Teschio di Broken Hill", un cranio umano che si dice risalente a 150-300.000 anni fa (le prime datazioni lo ponevano a 38.000 o a 70.000 anni) che presenta sulla tempia sinistra un foro perfetto, privo di linee radiali, come quello lasciato da una ferita d’arma da fuoco. Il foro può essere spiegato più prosaicamente come una ferita dovuta al canino di un grosso predatore, o a una foratura artificiale del cranio, pratica rituale usata per scacciare gli spiriti maligni.
OGGETTI SCAMBIATI PER OOPART OPPURE FALSIFICATI.
All'interno del geode di Coso, inizialmente datato come antico di 500.000 anni, è stato trovato un oggetto metallico. Nonostante il nome, non si tratta di un vero geode ma di un grumo di creta in cui si è trovato anche un pezzo di chiodo. La presenza dell'oggetto è stata strumentalizzata da gruppi creazionisti americani (come "Creation Outreach" e "Institute for Creation Research"), che hanno aggiunto ai pochi dati divulgati dagli scopritori numerose informazioni fasulle, aumentando il mistero intorno all'oggetto. Nel 1999 l'oggetto è stato identificato in base alle prove portate da un gruppo di collezionisti: è senz'ombra di dubbio una candela per autocarro di marca Champion, di uso comune negli anni Venti. Il geode di Coso è una roccia argillosa, scambiata per un geode, scoperta il 13 febbraio 1961 nei pressi del lago Owens, Olancha, in California da tre cercatori di pietre rare: Wallace Lane, Virginia Maxey e Mike Mikesell. Secondo i sostenitori del creazionismo, si tratta di un oggetto "fuori del suo tempo" (OOPArt), che dimostrerebbe la tesi della "giovane età" della Terra. Oggi l'oggetto è andato perso, dopo essere rimasto per anni nella casa di Wallace Lane, uno degli scopritori, senza poter essere sottoposto ad ulteriori analisi. La Lane tentò di vendere l'oggetto per 25.000 dollari, una cifra considerevole, ma senza trovare acquirenti. Mikesell tentando di tagliare la pietra si accorse che conteneva un oggetto di ceramica e metallo. Sullo strato esterno, oltre a frammenti di pietra e conchiglie, venne trovato anche un chiodo e una rondella. Virginia Maxey, una degli scopritori, affermò che un geologo di sua conoscenza aveva datato la pietra in 500.000 anni, senza però dare modo di verificare la notizia o l'identità di questo esperto. Tuttavia, la stessa Maxey dichiarò che probabilmente si sarebbe trattato di un oggetto vecchio di pochi decenni, incrostato in uno strato di fango cotto dal sole. L'oggetto venne esaminato dal divulgatore creazionista Ron Calais, l'unico ad aver avuto il permesso di fotografare l'oggetto e di farne una scansione a raggi X. Quando divulgò il materiale realizzato, la stampa cominciò a ricamare la notizia: una particolare attenzione venne prestata dalla stampa creazionista, che vedeva nello strano oggetto una possibile prova per la loro teoria secondo cui la terra è vecchia solo di poche migliaia di anni, essendo stata creata con i metodi descritti nella Bibbia. La datazione di 500.000 anni venne ripresa anche da Rene Noorbergen, autore creazionista specializzato in libri su fenomeni da lui ritenuti bizzarri, noto per aver cercato per anni l'Arca di Noè sulla base di una testimonianza di un anziano armeno che ha dichiarato di averla vista in gioventù. Noorbergen affermò che quell'oggetto era indubbiamente precedente al Diluvio Universale. Dopo la divulgazione del fatto, anche la Maxey cambiò la sua versione, affermando che "potrebbe essere uno strumento antico come Mu e Atlantide. Forse un mezzo di comunicazione o un ricercatore direzionale o qualche strumento fatto per utilizzare principi energetici a noi sconosciuti.". Il teschio al quarzo, scoperto nel 1927 da F.A. Mitchell-Hedges sulla cima di un tempio in rovina nell'antica civiltà Maya, era fatto di un singolo blocco di quarzo alto 12 cm, lungo 17 e largo dodici. Le sue proporzioni corrispondono a quelle di un piccolo cranio umano, dai dettagli perfetti. Molte anomalie vennero riscontrate durante gli studi effettuati nel 1970. Non furono usati strumenti di metallo per modellare il quarzo che era stato trattato senza badare assolutamente all'asse naturale del cristallo, situazione impensabile nella moderna arte della lavorazione del quarzo. Secondo gli studiosi gli venne dato un primo abbozzo di forma usando probabilmente il diamante. La fase di lucidatura e forma finale dovrebbe essere stata condotta con sabbia di cristalli di silicio e acqua. Se questo fosse vero, avrebbe richiesto 300 anni di lavoro continuo per ottenere tale risultato. Ad oggi, dopo essere andati sulla Luna e aver scalato montagne, sarebbe impossibile riprodurre un simile oggetto. Le sfere metalliche di Klerksdorp, Sudafrica, che alcuni pensano essere opera dell'uomo. I geologi concordano sul fatto che tali sfere non sono dei manufatti ma sono il risultato di processi naturali. Il Martello di London, Texas (USA), secondo certuni creazionisti è databile a circa 115 milioni di anni fa, come le rocce della zona in cui è stato rinvenuto. Nel mese di giugno del 1936 un escursionista di nome Max Hahn e sua moglie stavano facendo una gita lungo il Red Creck vicino London. I due raccolsero vari reperti mineralogici tra cui un nodulo di arenaria. Fra il 1946-47, George, il figlio dei due coniugi, ruppe il nodulo e vi trovò all'interno un martello di ferro con una porzione di manico di legno. I creazionisti si interessarono al ritrovamento ed ancora oggi lo citano spesso a sostegno delle loro teorie antievoluzionistiche. Uno dei principali promotori del reperto fu il creazionista Carl Baug che, nel 1983, ne divenne proprietario. Si tratta di un falso. Non sono presenti gli aloni di diffusione delle particelle metalliche che avrebbero dovuto prodursi nella roccia in milioni di anni, né si è verificata la pietrificazione del manico di legno del martello. Inoltre, dal momento che si tratta di una roccia metamorfica, sottoposta ad enormi pressioni e temperature, sia il manico che la testa del martello dovrebbero essere fortemente deformati.
Il presunto dito umano fossile, risalente al Cretaceo, ed esposto al Creation evidence Museum, nel Texas. Esso fu trovato da un proprietario terriero durante i lavori per la costruzione di una strada di ghiaia estratta dalla formazione calcarea del Walnut cretaceus Formation del Commanche Peak. Il reperto è di dubbia origine anche per gruppi creazionisti ed è ritenuto, a seconda delle opinioni, un carapace fossile o semplicemente una pietra con una forma interessante.
Il Papiro Tulli, sembrerebbe essere un falso documento egizio che descrive l’avvistamento di alcuni UFO. Nel 1934 i fratelli Tulli rinvennero in un negozio di un antiquario, in Egitto, un papiro egizio che narrava di strani avvistamenti di oggetti misteriosi comparsi nel cielo durante il regno del faraone Thutmosis III. Il papiro, che i due non riuscirono ad acquistare ma solo a tradurre, presentava delle cancellature, in punti nevralgici del testo, che sembravano volute, quasi a voler evitare che l’episodio fosse comprensibile.
Il Manoscritto Voynich, un presunto erbario magico medievale scritto in lingua misteriosa, oggi è identificato come un falso rinascimentale. La cosiddetta mappa del Creatore (nota anche come pietra di Daška), ritrovata nella Baškiria, Russia. Erroneamente datata ad almeno 20 milioni di anni fa e raffigurante il territorio di 120 milioni di anni fa. In un'intervista rilasciata alla trasmissione Stargate - Linea di confine, Čuvyrov, autore della scoperta, aveva affermato che la mappa rappresenta enormi canalizzazioni di cui si è cominciato a ricercare l'esistenza attraverso opportune prospezioni geologiche. Successive indagini hanno mostrato l'assoluta inconsistenza di tali ipotesi. Le statuette di Acambaro, cittadina nei pressi di Guanajuato nel Nuovo Messico, furono scoperte nel 1945 e raffigurerebbero dei dinosauri tra cui un brontosauro, un anchilosauro e un iguanodonte e datate da analisi scientifiche a circa 2.500 anni fa. Sono considerate dagli antievoluzionisti una prova della contemporanea esistenza di esseri umani e dinosauri, mentre gli archeologi le considerano bufale.
I dischi di Bayan Kara Ula (internazionalmente noti come dischi dei Dropa), che si afferma ritrovati presso la località di Nimu, nella regione cinese del Sichuan, dischi di pietra bucati al centro e interpretati come manufatti extraterrestri. In realtà furono inventati da David Gamon (che usò lo pseudonimo di David Agamon) come parte di un più ampio falso contenuto nel proprio libro del 1978 intitolato “Sungods in Exile”.
OGGETTI PIENAMENTE SPIEGATI COME APPARTENENTI AL LORO TEMPO.
La macchina di Antikythera, un meccanismo per il calcolo astronomico recuperato in un relitto al largo della Grecia, naufragato probabilmente nel 65 d.C., si ritiene sia risalente al I secolo d.C.. Tale stupefacente artefatto antico di cui ci sia rimasta testimonianza era una sorta di calendario perpetuo, che consentiva di calcolare le fasi della luna, passate o future. Non sappiamo come e da chi venisse usato. Forse faceva parte di un monumento, ed era azionata da un meccanismo automatico simile a quello dell’orologio ad acqua. O forse si trovava nelle scuole e negli studi degli astronomi, che la usavano giorno dopo giorno , azionandola con una manovella , per calcolare il movimento degli astri. Questo confermerebbe che l'antica Grecia aveva una conoscenza tecnologica maggiore di quanto finora creduto, ma non in contrasto con le conoscenze generali su tale civiltà (vedasi la Macchina di Erone).
L'elicottero e il carro armato incisi su di un bassorilievo nel tempio di Abydos, rivelatisi un'immagine "creata" casualmente dalla sovrapposizione di due strati di simboli. Il manufatto archeologico si trova a 450 a Sud del Cairo all'interno del tempio di Seti I, nella sala ipostila più esterna. Si tratta di una serie di sculture che assomigliano molto ad elicotteri e ad astronavi. L’elicottero è particolarmente riconoscibile e questo ha portato gli studiosi del perché della sua esistenza.
Forse gli antichi Egizi erano in grado di volare? Gli egittologi hanno cercato di dare una spiegazione di tutto ciò: vecchi geroglifici intonacati per scolpircene dei nuovi, quando l’intonaco è crollato le immagini vecchie si sono fuse a quelle nuove. E’ solo una coincidenza, come sostengono i detrattori, o c’è qualcosa di più dietro questo sorprendente artefatto archeologico?
Che gli Egizi fossero in grado di volare, anticipando di quasi duemila anni i fratelli Wright, sembrerebbe essere una certezza se si considera anche il ritrovamento del cosiddetto “Aliante di Saqqara”, conservato al Museo del Cairo, con il numero di catalogo 6347. Si tratta di un modellino di legno ritrovato nel 1898 nella tomba di Pa-di-Imen, a Saqqara, una delle più importanti necropoli egizie, a circa 30 km dal Cairo. Il modellino è stato datato al 200 a.C. È costruito in legno di sicomoro, ha una apertura alare di circa 18 centimetri e pesa 39 grammi.
Per anni fu considerato la rappresentazione di un uccello, finché nel 1969 Khalil Messiha, professore di anatomia artistica all'Università di Helwan, una città egizia sulle rive del Nilo, lo sottopose a un nuovo esame che rivelò alcune caratteristiche che distinguono il reperto da altre sculture analoghe ritrovate in Egitto: in particolare, le ali del modellino sono dritte e la coda è rialzata rispetto al corpo centrale; inoltre, la coda stessa è verticale, una vera e propria rarità.
È un oggetto molto leggero, presenta ali dritte, che sembrano disegnate aerodinamicamente. Ricostruzioni in scala reale hanno dimostrato che non sarebbe mai stato in grado di volare e nemmeno di planare. Si tratterebbe probabilmente di un giocattolo o di una decorazione riproducenti un uccello stilizzato, una figura classica dell'iconografia egizia.
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