02/04/2014.
DOMENICA 8 GIUGNO 2014
ORE 10.30 – 19.30 (con pausa pranzo)
HOTEL PINETA PALACE
Via San Lino Papa, 35 Roma
INFO E PRENOTAZIONI
TEL. 334 – 2808718
EMAIL: segnidalcielo.eventi@gmail.com
di Marco Giordano
Il 24 Giugno 1947 il pilota civile americano Kenneth Arnold, sorvolando il monte Rainier, nello Stato di Washington, avvistò nove brillanti oggetti volanti non identificati di forma discoidale: iniziò allora ufficialmente l’”era dei dischi volanti”.
Per la verità, una serie di fatti portano a pensare che l’uomo, alzando lo sguardo verso il cielo, avesse avuto modo di vederlo solcato da bizzarri veicoli già da diversi millenni. Gli antichi testi sacri, a questo proposito, se studiati con attenzione, danno la possibilità di effettuare delle osservazioni interessanti. In particolare, i “Veda” indiani rivestono, in questo contesto, un’importanza fondamentale. Per “Veda” (letteralmente “conoscenza”) si deve intendere un corpus di opere sacre scritte da Krishna Dvaipayana Vyasa circa 2800 anni fa (secondo alcuni studiosi 6000 anni fa), ma sicuramente più antiche, in quanto trasmesse oralmente da un tempo che non è possibile precisare. L’opera è divisa in quattro parti (“Rig Veda”, “Yajur Veda”, “Sama Veda” e “Atarva Veda”) a loro volta divise in diverse branche (come i “Purana” ed il “Mahabharata”).
Gli antichi documenti indiani in sanscrito, riferiscono di creature-divinità provenienti da altre parti dell’Universo su carri volanti conosciuti con il nome di “Vimana”, curiosamente impegnate a contendersi le donne terrestri. Il “Ramayana” è pieno di descrizioni di tali immense aeronavi; per esempio, il carro del re di Lanka, Vibhasana, viene così descritto: “Quel carro si muove da sé, era tutto lucente e dipinto: aveva due piani e molte finestre molte camere e tante bandiere; mentre volava emetteva un suono melodioso che sembrava un mormorio”.
Sempre in tale testo, l’intervento di Garuda in difesa di Rama nel corso della guerra tra quest’ultimo ed il perfido Ravana viene così descritto: “Improvvisamente si levò un grande vento che fece tremare le montagne, e si vide una fiamma di fuoco che navigava nell’aria”.
Su un altro testo, il “Mahabharata”, possiamo poi leggere: “Scorgemmo nel cielo una cosa che sembrava una nube luminosa, come delle fiamme di un fuoco ardente. Da questa massa emerse un enorme Vimana scuro che lanciò dei proiettili fiammeggianti. Si avvicinò al suolo a velocità incredibile, lanciando delle ruote di fuoco.”
Ed ancora, sempre in uno dei libri del “Mahabharata” (precisamente il “Vanaparvan”), nella parte in cui si riferisce della guerra tra Arjuna e gli “asura” (demoni), troviamo scritto: “Arjuna salì nei cieli per ottenere le armi divine dagli esseri celesti ed imparare ad usarle. Durante la sua permanenza, Indra, Signore dei Cieli, ordinò ad Arjuna di distruggere l’esercito degli asura (…) Indra, Signore dei Cieli, prestò ad Arjuna il proprio carro volante, pilotato dal suo abile assistente Malati. Il velivolo poteva anche viaggiare sott’acqua.”
In aggiunta, il “Varnaparvan” riferisce di un viaggio dello stesso Arjuna nei cieli con la sua macchina volante e della scoperta da parte di quest’ultimo di una città situata nello spazio e ruotante intorno al proprio asse denominata “Hiranyapura” (a questo proposito è di estremo interesse ricordare la presenza nel “Rig Veda” di più città volanti difese da falchi ed aquile di bronzo). Nel “Samaranga Sutradhara” si specificano addirittura alcuni dettagli tecnici degli aereomobili “Vimana”: “Forte e durevole deve essere il corpo, come un grande uccello volante, di materiale leggero”.
Il potere distruttivo dei “Vimana” doveva inoltre essere enorme: il fatto che possedessero una vasta gamma di armi letali, si evince chiaramente dalle furibonde battaglie aeree raccontate dai testi vedici, che richiamano alla mente i combattimenti della saga di “Star Wars”.
Il “Mausola Parva”, ad esempio, parla di un raggio della morte che in pochi attimi poteva incenerire intere armate e provocare nei sopravvissuti la caduta delle unghie e dei capelli (effetto che non può non ricordare quello provocato dalle bombe atomiche). In un altro testo, precisamente il “Drona Parva”, vi è l’interessante descrizione degli effetti provocati da un’arma di nome “agneya”: “Una freccia sfolgorante che possedeva lo splendore del fuoco senza fumo venne lanciata. All’improvviso, una densa oscurità avvolse gli eserciti. (…) Venti terribili cominciarono a soffiare. Le nuvole ruggirono negli strati superiori dell’atmosfera, facendo piovere sangue. (…) Il mondo, ustionato dal calore di quell’arma, sembrava in preda alla febbre. (…) Perfino l’acqua si riscaldò, e le creature che vivono nell’acqua parvero bruciare. I nemici caddero come alberi arsi da un incendio devastatore.”
Anche qui appaiono chiare le analogie con gli effetti provocati dalle esplosioni nucleari.
Leggendo poi lo “Srimad Bhagavatam”, nella parte riguardante la guerra tra il dio Krishna ed il demone Banasura, troviamo altre interessanti descrizioni del potenziale offensivo dei “Vimana”. Da segnalare, in particolare, la descrizione del “sivajvara”, un terrificante congegno che poteva distruggere qualunque cosa entro la sua portata, producendo temperature dodici volte superiori a quella solare, e la cui forma (descritta con tre teste e tre gambe) ricorda i moderni missili a testata multipla con tre derive di coda.
Per di più, il “Ramayana” riferisce che: “Il figlio di Ravana possedeva un’arma molto terribile che dicevano fosse stata donata dal dio Brahma: aveva la caratteristica di esplodere durante il suo percorso e di incenerire qualsiasi bersaglio.” Una bomba teleguidata?
Semplici miti e leggende tramandatisi di generazione in generazione?
Così non sembrano pensarla diversi studiosi ed esperti delle opere indiane.
Secondo il prof. Dileep Kumar Kanjilal, docente di sanscrito presso l’Istituto di sanscrito di Calcutta, l’unica deduzione logica che si può ricavare dallo studio di questi testi è che la Terra, migliaia di anni fa, deve aver conosciuto una civilizzazione con una conoscenza scientifica sufficiente a costruire aerei e colonie orbitanti intorno alla Terra.
Lo scrittore e studioso di sanscrito Subramanyam Iyer, che ha passato diversi anni della sua vita a tradurre i “Shastras” (testi scientifici vedici), sostiene di avervi scoperto la descrizione di numerose differenti leghe metalliche sconosciute e le loro applicazioni per la costruzione delle fusoliere dei “Vimana”. A dargli man forte è intervenuto il dotto C.S.R. Prabhu, Direttore Tecnico del Centro Informatico Nazionale (il dipartimento del governo indiano dedito alla traduzione di antichi testi), il quale sostiene di essere già riuscito a preparare alcuni materiali descritti. A suo dire, si tratterebbe di super-leghe con proprietà sconosciute nei tempi moderni, utilizzabili nel settore aeronautico, in quello della tecnologia spaziale e nella difesa. E aggiunge che i campioni, preparati in base alle formule ritrovate, hanno avuto modo di essere collaudati non solo in India, ma anche all’estero: per esempio dall’Università di S. José in California.
Altro ricercatore convinto della veridicità dei racconti vedici era lo scomparso scrittore inglese, nato in India, David Davenport, esperto di sanscrito e di tradizioni popolari indiane. Giunto agli onori delle cronache una ventina d’anni fa per aver sostenuto con forza la tesi di un’esplosione nucleare avvenuta millenni fa nel bacino della valle dell’lndo, con epicentro a Mohenjo Daro, nell’attuale Pakistan, egli ottenne una inaspettata conferma dalle analisi effettuate dagli esperti del C.N.R. di Roma. I bracciali, le anfore e le pietre da lui raccolti in loco (che si mostravano come vetrificati) risultarono essere stati esposti in passato ad una temperatura di circa 1500 gradi seguita da un brusco raffreddamento. Ciò che si può certamente dire è che non esiste nessuna calamità naturale che avrebbe potuto procurare simili effetti sugli utensili e sul terreno del posto, né tantomeno alcuna battaglia combattuta con lance e spade.
In conclusione, dunque, alcune parti delle opere sacre indiane, alla luce delle conquiste scientifiche, se spogliate del loro alone mitologico, sembrano trasmetterci un chiaro messaggio: il futuro è un’ombra che si è già proiettata su di noi.
Note bibliografiche:
Davenport D. e Vincenti E. – “2000 a.C.: distruzione atomica“, SugarCo, 1979.
Aprile G. – “I misteriosi libri dell’India”, Armenia editore, 1984.
Pinotti R. – “Angeli, dei, astronavi”, A. Mondadori editore, 1991.
Bhaktivedanta A.C. – “Srimad-Bhagavatam”, The Bhaktivedanta Book Trust, 1992.
Goodman R. – “Antichi manoscritti su foglie di palma svelano leghe metalliche sconosciute”, su Nexus, n° 10, 1997.
Goodman R. – “Armi ad alta tecnologia degli dei indù”, su Nexus, n° 10, 1997.
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