La civiltà Sumera.

12 febbraio 2014

La storia dei Sumeri è divisa in vari periodi: il primo è detto Protodinastico I (o Mesilim, dal re Misilim di Kish) e va dal 2800 al 2650 a.C.; il secondo periodo è il Protodinastico II (2650-2550 a.C.), documentato da un gruppo di tavolette di Fura (antica Shuruppak) di contenuto amministrativo; segue il periodo della prima dinastia di Ur (2550-2400 a.C.) o Protodinastico III; di cui si conoscono i nomi di alcuni re (Mesannepadda, Meskiagnunna, Elulu, Aannepadda). Contemporaneamente alla prima dinastia di Ur, vi furono a Lagash altri re, fra i quali Eannatum, re di Kish, il quale guerreggiò contro la città di Umma, contro l'Elam e altre città sumeriche. Dopo Eannatum II, il potere fu assunto da una serie di sacerdoti. Verso il 2380-2200 a.C. la Mesopotamia fu tutta conquistata da un re del Nord, Sargon di Akkad; la caduta di questa dinastia è attribuita all'invasione dei barbari Gutei dell'Est, che occuparono la parte centrale del paese. La cacciata dei Gutei fu opera di Utu-Khegal, re di Uruk. Verso la fine del 2000 a.C. anche quest'ultimo impero decadde, a causa dell'invasione amorrea; la città di Ur venne distrutta dagli Elamiti, e con essa termina l'ultimo periodo della civiltà sumerica.

Le scoperte archeologiche in Mesopotamia nell’Ottocento. 

Alla fine del 1841 un quarantenne di nazionalità francese ma di origine piemontese arrivò a Mossul[1], nell’odierno Iraq nord orientale, dove il suo governo lo aveva nominato console di quella città. Si chiamava Paolo Emilio Botta[2]. Botta, dopo essere giunto in Iraq, diresse diversi scavi a Kuyundshik (sito dell'antica Ninive) e a Khorsabad (Dur-Sharrukin) a partire dal 1843. Inizialmente ritenne di aver trovato a Khorsabad le rovine di Ninive e non appena la notizia raggiunse la Francia il governo francese si affrettò a finanziare i suoi scavi. Così, nel 1846, numerose statue e reperti archeologici trovati da Botta furono inviati a Parigi. Dagli scavi che il Botta condusse a Khorsabad emerse il palazzo reale del re assiro Sargon II (722-705 a.C.), fatto costruire nella sua nuova capitale, con colossali statue di pietra, bassorilievi e sculture. Poco dopo gli scavi condotti dal Botta, il giovane inglese Austen Henry Layard[3], non ancora trentenne, inizia gli scavi a Nimrud e sulla collina di Kuyunjik (da lui correttamente identificata con l’antica Ninive[4] nel 1848), riportando alla luce i palazzi di Assurnasirpal e di Sennacherib. La scoperta della Biblioteca di Assurbanipal (668-613 a.C.) a Ninive e il contemporaneo sviluppo degli studi epigrafici sul cuneiforme, soprattutto per merito di Henry Rowlinson (1810-1895), faranno poi da volano alle attività archeologiche in Mesopotamia, richiamando nei decenni successivi anche le altre potenze dell’epoca, la Germania e gli Stati Uniti, ad un ruolo di primo piano nell’attività archeologica in Assiria e Babilonia. 


Uruk, la prima metropoli. 

Considerata il primo vero centro urbano dell’Antichità, Uruk mostra la presenza di edifici pubblici di dimensioni monumentali che circoscrivono il paesaggio urbano e, in quanto tali, costituiscono la manifestazione del potere. Il centro di Uruk, dotato di una grande cinta muraria che viene fatta risalire al mitico re Gilgamesh[5], è caratterizzato dalla presenza di due grandi aree culturali: la terrazza di Anu, con la costruzione di una ziqqurat, e la terrazza dell’Eanna, composta da una serie di edifici di carattere sacro e da altri edifici che potrebbero ipoteticamente essere i primi esempi di strutture palatine o comunque di costruzioni non esclusivamente deputate al culto e alla funzione religiosa. Negli ultimi secoli del IV millennio la città di Uruk raggiunge una estensione di 100 ettari, verso il 2900 a.C.. Sono le dimensioni di una vera e propria metropoli, grande circa il doppio dell’Atene di età classica. Il livello IVa dell’area dell’Eanna, che domina l’abitato circostante ancora poco conosciuto, copre una vasta superficie, circa sei ettari, occupata da edifici monumentali che probabilmente avevano funzioni cerimoniali o genericamente pubbliche. Queste costruzioni, non tutte contemporanee, dovevano far parte di un progetto architettonico gigantesco, che supera enormemente per dimensioni quello precedente periodo Ubaid a Eridu. I cosiddetti “Tempio C” e “Tempio D” sono edifici a pianta tripartita costituiti da un’ampia sala centrale destinata probabilmente ad attività religiose o al consumo di cibi a scopo cerimoniale, e da piccole stanze laterali usate come magazzini. Le prove dell’esistenza di sistemi di organizzazione particolarmente complessa nell'ambito della società Tardo Uruk sono confermate dai primi documenti di contabilità e di registrazione economica. Sebbene in epoche precedenti alcuni tipi di oggetti risultino già conosciuti, l’uso, l’intensità e la rapida evoluzione di questo materiale mette in luce il fatto che la società Uruk, ormai costituita da una struttura pienamente centralizzata, necessitava di una sempre pià efficace gestione dell’economia. Circa 4000 tavolette d’argilla furono trovate negli scavi del 1928 nell’area sacra dell’Eanna a Uruk, una parte delle quali è attribuita cronologicamente al livello IV, cioè al Tardo Uruk, mentre un’altra al livello III, cioè alla fase immediatamente successiva dell’inizio del III millennio, definita Jemdet Nasr: sebbene qualche rara tavoletta sia stata trovata anche altrove, a tutt'oggi l’Eanna è il contesto che ha restituito il numero più consistente di tavolette Tardo Uruk di tutta la Mesopotamia ed esse costituiscono la testimonianza più concreta per lo studio sulle origini della scrittura.

Gli altri insediamenti urbani Sumeri. 

Con il passare dei secoli emergono centri come Kish e Nippur nella Babilonia centrale, Shuruppak, Adab (Bismaya), Lagash (Tell al-Hiba), Umma (Tell Jokha) ed Eridu (Tell Abu Shahrain) nel profondo sud. Il fenomeno della crisi del villaggio, in favore dell’accentramento urbano, s’intensifica nella Babilonia meridionale. 

La matematica, l’aritmetica pratica, la geometria a Sumer. 

Oltre 5000 anni fa i Sumeri avevano inventato un sistema di numerazione sessagesimale, che usava cioè come base il 60, anziché il 10, nei suoi multipli e sottomultipli. Questo criterio continuò ad essere adottato per millenni nel vicino Oriente e si è mantenuto, anche se in pochi casi, ancora oggi: infatti dividiamo l’anno in 12 mesi, il giorno in 24 ore, le ore in 60 minuti e i minuti in 60 secondi. Dividiamo il cerchio in 360 gradi ed ogni grado è a sua volta divisibile in 60 primi che equivalgono a 60 x 60 secondi. Per misurare il tempo e gli angoli, dunque, ci serviamo ancora del sistema sessagesimale di Sumeri e Babilonesi. I Sumeri e i Babilonesi non erano interessati alla matematica pura, ma ai problemi che dovevano fronteggiare come la quantità di sementi necessarie per seminare un campo. Gli allievi scribi eseguivano centinaia di problemi, alcuni dei quali molto complessi, come testimoniano le tavole di esercizi giunti fino a noi. All’epoca di Sargon (2350-2300 a.C.) esistevano già tabelle di quadrati e radici quadrate di numeri per il calcolo delle aree e tabelle di cubi e radici cubiche per il calcolo dei volumi. Per quanto riguarda gli esercizi di geometria che uno scolaro doveva risolvere, sono state trovate tavolette d’argilla con quadrati in cui sono iscritti rettangoli, triangoli, cerchi: data la misura di un lato bisognava calcolare l’area delle varie figure. 

Il tempio o “ziqqurat”. 

Il tempio o “ziqqurat” fu la costruzione attorno a cui ruotava la vita della comunità. Costruito in posizione elevata, aveva la forma di una montagna per simboleggiare lo sforzo degli uomini di raggiungere gli dèi. Nel tempio venivano conservate le scorte di cibo della città e fu quindi visto come luogo da cui dipendeva l’esistenza degli abitanti; molte volte fu deposito di armi e osservatorio astronomico. Nel tempio capi e sacerdoti decidevano della guerra e della pace. Anche se a un certo punto l’autorità del re sostituì nel governo dello Stato quella del sacerdote – capo, i templi rimasero proprietari di gran parte del territorio, con scribi e tecnici che censivano persone, campi, animali, intervenivano in caso di calamità e avviavano opere civili. Le divinità venerate dai Sumeri erano oltre un centinaio, ma con importanza molto diversa. Allo stesso modo anche i templi non erano tutti uguali: in origine avevano una struttura semplice, con un’unica stanza bassa e rettangolare, l’altare su un lato corto e la tavola delle offerte davanti ad esso. In seguito, i santuari più importanti venivano costruiti su un’alta terrazza di base, avevano molte stanze e un grande cortile sul lato lungo della stanza sacra. Al’interno del complesso c’erano le abitazioni dei sacerdoti, degli scribi e dei funzionari, e i magazzini. Questo tipo di edificio sacro su terrazza si è evoluto nello “ziqqurat” o torre-tempio, fatta da una serie di terrazze una sull'altra, di dimensioni decrescenti e con al vertice il santuario vero e proprio. Un sistema di scale sui fianchi consentiva la salita di piano in piano fino alla sommità. Senza i templi, intesi non come edifici ma come enti religiosi, la civiltà sumerica avrebbe progredito molto più lentamente. Essi erano i più grandi possessori di terra, bestiame e forza lavoro, regolavano il commercio con popoli stranieri, disponevano liberamente della manodopera: così i sacerdoti fecero costruire oltre ai santuari anche fortificazioni, strade, canali. Ogni tempio aveva i propri campi e pascoli, che in parte faceva lavorare, senza retribuzione, dall’intera comunità, in parte dava in concessione a famiglie di contadini o pastori in cambio di una piccola parte del raccolto. In caso di guerre o carestie i templi distribuivano alla popolazione le proprie scorte, che in tempi normali scambiavano invece con metalli, pietre dure e legni pregiati giunti da lontano. 

Il re di Sumer. 

Le guerre tra città-stato erano frequenti, tanto che per ognuna si rese necessario avere un esercito ed un capo, che si occupasse soprattutto della difesa del territorio. I compiti dei sacerdoti vennero così ridotti a un ambito unicamente religioso: la nuova autorità militare e civile fu il re, che viveva in un palazzo("e-gal” o “grande casa”) distinto dal tempio. Egli era la guida scelta dal dio-protettore della città per amministrare il territorio e governare lo Stato in sua vece: era capo-guerriero, capo del corpo sacerdotale, capo della giustizia, ministro dei lavori pubblici, e uno dei suoi doveri più importanti era la costruzione e il restauro dei templi. 

La lista reale sumerica. 

“Dopo che la regalità fu discesa dal cielo, Kish fu re. In Kish Gishur regnò per 2160 anni, [X]-nabir regnò per 960 anni, NP regnò per 1770 anni. Endarana regnò per 2940 anni 3 mesi 3 giorni e mezzo; Babum regnò per [x] anni; N[P regnò per x anni]; (segue una rottura di circa sedici righe) [….] 

Le classi sociali. 

Nella scala gerarchica veniva prima il re, seguito dai sacerdoti, proprietari terrieri, burocrati, mercanti, artigiani, marinai, contadini, pescatori, portatori di acqua, ed infine gli schiavi. Gli schiavi erano spesso prigionieri di guerra, ma anche nomadi o poveri che si vendevano con la propria famiglia a un tempio o a un cittadino ricco in cambio di protezione. I liberi costituivano la maggioranza: potevano avere case, orti, animali, campi, anche se la maggior parte della terra era dei templi. 

Il lavoro e il sistema delle razioni. 

 Il sistema delle razioni, affermatosi con la prima urbanizzazione, segna il passaggio ad una realtà centralizzata che sarà alla base dell’organizzazione sociale di tutti di tutti i centri successivi. Tale sistema, gestito dalle grandi organizzazioni del tempio e del palazzo, prevedeva l’impiego di lavoro coatto per periodi di tempo in genere computati su base mensile, al fine di scavare canali, erigere edifici, coltivare campi e produrre tessuti. In cambio della prestazione obbligatoria, l’amministrazione centrale retribuiva i lavoratori con una certa quantità di orzo, tessuti e anche olio. Il salario veniva erogato per la sola durata effettiva del lavoro, che comunque doveva inserirsi nella stagionalità del ciclo agricolo, basato appunto sull’orzo. Le razioni erano commisurate non solo al tipo di mansione, ma anche all’età, al sesso, allo status sociale dei lavoranti. In media, gli uomini adulti ricevevano circa 60 litri di orzo al mese, le donne e i bambini circa la metà, come testimoniato già dai testi di Ebla e di Girsu presargonica (2400 a.C. ca.) Fluttuazioni, anche molto significative, ricorrono per funzionari maschi di alto rango, quali ad esempio i supervisori di distretti agricoli, la cui retribuzione mensile può decuplicare rispetto al salario base. I compiti lavorativi sono divisi in base agli stessi criteri di età e sesso su cui si basa la retribuzione: gli uomini sono utilizzati come forza lavoro nei campi e in tutte le situazioni dove sia richiesta una certa prestanza fisica; le donne svolgono tipicamente l’attività di mugniaie e tessitrici, producendo sia la parte dei tessuti che confluiscono nel sistema di razioni, sia l’altra parte che doveva essere destinata al commercio interno e all’esportazione. 

Le prime leggi. 

Al tempo dei Sumeri ogni città aveva leggi proprie. Esse erano secondo il modo di vedere moderno, piuttosto avanzate: se è vero che per le colpe più gravi esisteva la pena di morte, la maggior parte delle punizioni consisteva in multe in denaro, anche per crimini di violenza. Nel codice della città di Eshnunna, per esempio, si legge che «se un uomo morde il naso di un altro uomo e lo stacca, pagherà una mina d’argento, per un occhio una mina; per un dente mezza mina.» 

Le conoscenze tecniche. 

E’ ai Sumeri che si deve l’invenzione della ruota. Applicazioni di questa scoperta straordinaria furono il carro da trasporto a ruote piene, i primi massicci carri da guerra, la ruota del vasaio e il tornio a pedale, rimasto pressoché invariato fino ai giorni nostri, che permise ai vasai una produzione ceramica a livello industriale. I Sumeri inventarono anche i mattoni che, lavorati a stampo e prodotti in serie, permisero la realizzazione di opere monumentali come “ziqqurat”, mura di difesa, argini e condotte idriche. La scarsità di legname, pietra e metalli, in un paese ricco solo d’argilla e bitume, impose loro di fare di necessità virtù: fu così che diventarono un popolo di ceramisti e di costruttori in mattoni. I Sumeri, che già verso il 3500 a.C. lavoravano oro, argento e rame con tecniche assai sofisticate, come la “fusione a cera persa”, fecero un nuovo balzo in avanti 500 anni più trardi quando produssero oggetti in bronzo di buona qualità. 

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[1] Mossul, arabo: موصل, al-Mawṣil, talora trascritta erroneamente Mosul o Mossoul, è una città dell'Iraq, capoluogo del governatorato di Ninawa. Mossul è il nome che diedero gli arabi all'antica Ninive, la capitale assira citata anche nella Bibbia. (Wikipedia). 
[2] Paul Émile Botta nato Paulo Emiliano Botta (Torino, 6 dicembre 1802 – Achères, 29 marzo 1870) è stato un archeologo e storico italiano naturalizzato francese, fu console a Mossul (in quel periodo sotto l'Impero Ottomano) dal 1842. Egli era figlio di Carlo Botta, storico e politico piemontese. (Wikipedia). 
[3] Austen Henry Layard (Parigi, 5 marzo 1817 – Londra, 5 luglio 1894) è stato un archeologo, diplomatico, politico, scrittore e conoscitore d'arte britannico. Membro dell'alta aristocrazia londinese, è uno dèi più famosi archeologi di fine Ottocento che con i suoi scavi in Mesopotamia rivelò al mondo lo splendore dell'arte e delle antiche civiltà dell'Assiria, in particolare rivelò città di Ninive e Nimrud. (Wikipedia). 
[4] Ninive fu una città assira sulla riva sinistra del Tigri a Nord della Mesopotamia. fu capitale del regno assiro sotto il re Sennacherib (704 - 681 a.C.). Un insediamento era comunque già presente in loco nel VI millennio a.C. Fu ristrutturata interamente in modo regale da Sennacherib e da Assurbanipal ( 668 - 626 a.C.), i suoi due principali siti furono Kuyunjik e Nebi Yunus. La città sotto il Regno di Sennacherib raggiunse l'apice del suo splendore, murata per una lunghezza di 12 chilometri si estendeva su un territorio di 750 ettari. Nel 612 a.C. la città venne distrutta dai Medi e dai Caldèi. Con la sua distruzione, si pose fine anche a quello che fu il grande regno assiro. (Wikipedia). 
[5] Gilgamesh è il re sumero della città di Uruk. Guerriero crudele è per due terzi divino e per un terzo mortale e tiene sotto il suo dominio un popolo sempre più stanco delle sue prepotenze e ingiustizie. Gli dèi, dunque, per punirlo, decidono di creare un uomo in grado di contrastarlo, Enkidu. Egli è primitivo e rozzo, plasmato dall'argilla e descritto nell'epopea come selvaggio sia nel fisico sia nei comportamenti. I due si scontrano, come previsto, ma lo scontro finisce alla pari. Colpito dalla forza di Enkidu, Gilgamesh stringe con lui un patto d'amicizia. Decidono di andare insieme alla Foresta dèi Cedri per prelevare il prezioso legno di questi alberi. Alla guardia della foresta c'è però un mostro, che i due riescono a sconfiggere senza grossi problemi. Accresciuta ulteriormente la sua fama e l'amicizia con Enkidu, Gilgamesh è corteggiato da Ishtar (la dea della bellezza e della fecondità, ma anche della guerra e della distruzione), che lo vorrebbe come sposo, estasiata dalle sue doti di guerriero e dalla sua fama. Gilgamesh però la rifiuta, visto il triste destino dèi passati amanti della dea, come Dumuzi, e Ishtar, con l'aiuto di Anu (il dio del Cielo e padre di Ishtar stessa) invia contro i due amici, un ferocissimo toro divino di colore blu. Nel combattimento che ne consegue, Enkidu blocca il selvaggio animale e Gilgamesh gli infila la spada tra le corna, uccidendolo. Oltraggiata ancora di più, Ishtar fa morire Enkidu con una brutale malattia, che gli fa patire una morte lenta e atroce. Gilgamesh scopre così per la prima volta il dolore per la perdita di un caro amico, e rimane molto scosso. Decide dunque di intraprendere un viaggio alla ricerca del senso della vita e del segreto dell'immortalità. Viene a sapere dell'esistenza di un uomo a conoscenza di questo segreto: Utanapishtim, un uomo molto vecchio e saggio che scampò, grazie all'aiuto di Enki, al diluvio universale, e cui gli dèi fecero il dono dell'immortalità. Egli vive isolato di là dall’oceano della Morte e, dato il grandissimo segreto che conosce, la sua casa è raggiungibile solo dopo aver superato molti ostacoli. Gilgamesh riesce a superare ogni prova, tra cui gli uomini scorpione, posti a guardia dèi monti Mashu, e giunge in un bellissimo giardino dove una donna gli implora di fermarsi e non proseguire. Il valoroso re non cede alle richieste e sceglie di andare avanti, giungendo finalmente nel luogo dove vive Utanapishtim. La delusione di Gilgamesh è, però, grande: il saggio gli risponde che la morte è inevitabile per l'uomo che, prima o dopo, dovrà lasciare questo mondo. Gilgamesh, ormai senza speranze, sta per andarsene quando Utanapishtim, impietosito, gli rivela che c'è un'unica possibilità per l'eterna giovinezza: è una pianta che si trova in fondo al mare. Gilgamesh parte subito alla ricerca del prezioso vegetale e, dopo averlo trovato, decide di riposarsi sulle rive di un ruscello. Al suo risveglio scopre che la pianta tanto preziosa è stata mangiata da un serpente che, dopo averla mangiata, ha cambiato pelle. Sconfitto, torna così a Uruk, la sua città.

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