Qualcosa o qualcuno urtò il letto in cui dormivo. Mi
alzai di scatto. Un Malachim era ai piedi del letto e mi osservava. Sgranai gli
occhi e l’essere mi tranquillizzò dicendomi di non temere, adducendo di non
essere venuto sino a lì per farmi del male. Mi disse che era pronto a rivelarmi
alcuni aspetti del fenomeno UFO che da sempre mi aveva appassionato.
Mi disse di aprire il mio cuore e di ascoltare con molta
attenzione ciò che mi stava per dire, precisandomi che tutto quello che la mia
cultura da sempre mi aveva insegnato non aveva alcun valore o fondamento.
Mi raccontò una storia che già in parte conoscevo.
«Circa 445.000 anni fa E.A. – “Colui la Cui Casa è l’Acqua”,
figlio di Anu (Signore e sovrano di Nibiru), padre del mio Signore
Ningishzidda, unitamente ad altri della sua specie, giunse sulla Terra alla
ricerca di oro, necessario per la creazione di uno scudo a protezione
dell’atmosfera di Nibiru,
che si andava rarefacendo.» «Dopo essere ammarati in una delle distese d’acqua
sulla Terra, guadarono a riva e fondarono Eridu, “Casa Lontana”.
Trascorsero degli anni e l’insediamento iniziale si
estese sino a diventare una Missione Terra completamente autonoma. A corto di
manodopera, gli astronauti ricorsero alla manipolazione genetica per creare il
Lavoratore Primitivo, l’Homo Sapiens. A causa del Diluvio che si abbatté con
conseguenze catastrofiche sulla Terra, i miei padroni furono costretti a
ripartire da zero; gli astronauti assursero allora a dèi, civilizzando l’umanità
e insegnandole a venerarli.»
«Circa quattromila anni dopo l’operato degli dèi venne
cancellato da una calamità nucleare, provocata nel corso di rivalità e guerre
scatenate da loro stessi e dai loro discendenti.»
Mi feci coraggio e lo interruppi:«Allora sono stati i
tuoi Signori a creare l’umanità?»
Il Malachim mi rispose di sì, precisandomi inoltre:
«Quando gli Anunnaki sfruttati nelle miniere d’oro si
ammutinarono, E.A, a cui nel frattempo era stato concesso il titolo di EN.KI.(“Signore
della Terra”), decise che si sarebbe potuto ovviare al problema venutosi a
creare manipolando geneticamente degli
ominidi che erano agli albori della loro evoluzione e che popolavano la zona
dell’Africa sudorientale, luogo in cui era sorto l’AB.ZU , cioè il sito
minerario in cui si estraeva già da tantissimi anni l’oro necessario a Nibiru.»
«Dalla manipolazione genetica degli ominidi che
popolavano la zona dello Zimbabwe, riuscì a creare Adamo (ovvero “Colui che è
della Terra”, Terrestre).»
Non capii da subito dove volesse andare a parare e per
quale motivo mi raccontava questi antichi racconti alla base della mitologia
della civiltà Sumera. Decisi di chiedergli il perché mi stesse raccontando ciò,
e soprattutto per quale motivo lo stesse facendo poco dopo avermi rapito.
Dopo avergli formulato tali domande, il Malachim mi
rispose che era necessario che io sapessi e che erano già trascorsi cento anni terrestri
dal giorno in cui avevo preso fisicamente posto all’interno dell’astronave di
cui era il comandante.
Gli chiesi come si chiamasse e mi rispose che non era
importante, in quel frangente, che io conoscessi il suo nome, ma che avrei
dovuto ascoltarlo in silenzio ed eventualmente porgli alcune domande solo dopo
che avesse terminato il racconto che aveva iniziato.
Prima di riprendere il racconto, mi precisò che ci
trovavamo in un altro Universo, parallelo a quello da cui io provenivo,
attraverso il quale era stato loro possibile, sin dall’antichità, controllare
l’umanità e apportare delle correzioni all’evoluzione della nostra specie di
volta in volta.
«Dopo la creazione dell’Homo Sapiens, l’umanità si
diffuse su tutta la terra, degenerando ed assumendo dei comportamenti che agli
occhi degli elohim, gli dèi, sembrarono essere diversi da quelli auspicati.»
«EN.KI. allora sfidò il fratellastro e rivale EN.LIL. (“Signore del Comando” della Missione
Terra) che pretendeva che l’umanità perisse nel Diluvio, avvenimento il cui
eroe fu chiamato Noè nella Bibbia e Ziusudra nel primo testo originale sumero.
E.A. / EN.KI. condivise con l’Umanità alcune delle sue conoscenze scientifiche:
alcuni prescelti, infatti, vennero introdotti ai “segreti degli dèi”. In almeno
due casi, tali iniziati vennero incaricati di trascrivere quegli insegnamenti
divini, affinché restassero in eredità agli esseri umani.»
«Il conflitto fra E.A./EN.KI. ed EN.LIL. proseguì fra i
loro discendenti; il fatto che tutti, e specialmente coloro che erano nati
sulla Terra, si trovarono ad affrontare la perdita di longevità (favorita dal
periodo orbitale prolungato di Nibiru), fu il motivo di ulteriori sofferenze e
acuì le ambizioni personali.»
«Il punto di non ritorno fu raggiunto nell’ultimo secolo
del terzo millennio a.C. allorché Marduk, primogenito di EN.KI., generato dalla
sposa ufficiale, rivendicò il fatto che l’eredità della Terra spettasse a lui e
non a Ninurta, figlio primogenito di EN.LIL.»
«L’amaro conflitto, che scatenò una serie di guerre,
culminò, infine, nel ricorso alle armi nucleari; le conseguenze, pur se non
intenzionali, segnarono la fine della civiltà Sumera.»
«Ed EN.KI. disse allora al suo scriba Endubsar, che poi
le annotò nelle tavolette d’argilla, le testuali parole: “Su tutta la terra una calamità si è abbattuta, fino a quel giorno
all’uomo ignota. Una calamità mai prima vissuta dall’umanità, la cui forza non
può essere frenata. Su tutte le terre, da occidente ad oriente, la mano del
terrore foriera di distruzione si è posata. Gli dèi, nei loro regni, si sono
rivelati impotenti, alla stregua degli uomini!”»
Il vento del male ed il
desiderio di EN.KI. di chiarire alla stirpe di Adamo
Per la prima volta da quando fui rapito mi fu chiaro il
perché: gli Anunnaki avevano scelto me, umile individuo della stirpe di Adamo,
per chiarire alcuni degli avvenimenti che segnarono le sorti dell’umanità nei
tempi antichi; fatti che costrinsero gli antichi astronauti provenienti dal
pianeta Nibiru, il dodicesimo pianeta del sistema solare, che transita attorno
al Sole ogni 3600 anni, ad abbandonare la Terra e l’umanità da loro creata e del perché
promisero ai nostri antenati che un giorno sarebbero ritornati in questo
piccolo mondo che consideravano la loro seconda casa. Il dio EN.KI., pensai,
avrebbe salvato l’umanità per l’ennesima volta da un imminente pericolo che
incombeva sulla Terra. La forza gravitazionale esercitata da Nibiru (il pianeta
dell’attraversamento e da cui gli stessi Anunnaki provenivano) su tutti gli
altri pianeti del sistema solare, ed in particolare sul pianeta Terra, avrebbe
determinato degli sconvolgimenti senza precedenti, e che sarebbero stati
paragonabili alla catastrofe che si abbatté sulla Terra circa 12.000 anni fa,
nota all’umanità come il Diluvio Universale. Gli avvenimenti che da lì a poco
mi sarebbero accaduti, tuttavia, mi avrebbero fatto comprendere meglio la
realtà dei fatti, facendomi finalmente capire, una volta e per sempre, del
perché fui rapito.
L’esplosione e il primo tentativo di fuga.
Mentre il Malachim mi stava raccontando dei giorni in cui
il vento del male
soffiava in Mesopotamia, e di come la deflagrazione dell’ordigno nucleare fatto
esplodere dagli Anunnaki stava per sterminare l’umanità creata dall’Anunnaki EN.KI.,
una forte esplosione deflagrò l’aria della stanza in cui mi trovavo. L’onda
d’urto mi scaraventò contro la parete laterale destra della stanza all’interno
della quale mi avevano condotto, con tale violenza che andai a sbattere la
testa contro il mobilio in metallo presente al suo interno. Persi i sensi. Al mio
risveglio il Malachim giaceva immobile sul pavimento e non mostrava segni di
vita. Mi alzai dal pavimento e cercai di mettermi in piedi. La testa mi
sanguinava dalla parte della tempia destra, ed il mio volto era segnato da insolite
ferite lacero-contuse e diverse ecchimosi.
Un pensiero mi balenò allora in mente: darmi a
precipitosa fuga.
La porta della stanza era aperta.
Ne approfittai e uscii nel corridoio. Feci ricorso a
tutte le energie che mi erano rimaste in corpo e corsi lungo quel corridoio che
mi sembrò conducesse all’esterno.
Correvo, correvo a perdifiato, il cuore mi batteva quasi
a scoppiarmi. Non ero lucido; caddi per terra. Mi rialzai e ricominciai a
correre.
A un tratto mi ritrovai all’interno di una sala immensa
in cui erano presenti dei contenitori in metallo, disposti su più file,
all’interno dei quali era contenuto un liquido bluastro gelatinoso e dei
piccoli esseri umani.
L’ibridazione degli esseri umani su larga scala.
Mi avvicinai e la scena raccapricciante che videro i miei
occhi esaurì le ultime energie che mi erano rimaste, spossandomi ulteriormente
e facendomi precipitare in uno stato psicofisico assimilabile alla condizione
di salute che raggiunge un individuo in punto di morte.
Fui sconcertato di come i Malachim ed i loro potenti
padroni stessero “coltivando” degli esseri umani in vitro attraverso un
processo di clonazione su larga scala.
Se da un lato la cosa mi faceva accapponare la pelle,
dall’altro mi faceva comprendere meglio di dove mi trovassi e di chi fossero
veramente quelle creature.
Mi convinsi, solo allora, che fra la mia specie e quella
che a dire dei Malachim ci aveva creato non potesse correre buon sangue. Quei
maledetti ci avevano manipolato per centinaia di migliaia di anni come se
fossimo delle cavie da laboratorio.
Gli alieni si erano serviti di noi, della nostra energia
spirituale, come se fossimo carne da macello.
L’uomo possiede, infatti, come già avevo avuto modo di
apprendere quando ero sulla Terra, una fonte di energia inesauribile che loro
non hanno.
L’uomo per l’alieno è come una mucca da mungere, dal
quale prelevare materiale e soprattutto energia, perché per loro è fondamentale
“nutrirsi” attraverso di noi, come se fossero dei “vampiri”.
E’ l’Energia Divina o Animica che l’alieno vuole e sta
cercando in tutti i modi di impossessarsene.
L’alieno ha bisogno di energia per sopravvivere, e
affinché ciò accada, introduce l’addotto in un contenitore, una macchina o
cilindro, come avevano fatto con me nel corso del mio rapimento, dove
attraverso vibrazioni emesse da basse frequenze, staccano questa Energia per
spostarla momentaneamente in un altro cilindro, dove all’interno si trova
l’alieno stesso che così viene “rigenerato”.
Gli alieni poi, non contenti, creano dei cloni
dell’addotto, e dagli stessi usati come “ruota di scorta”, non solo perché
possono fare un duplicato di tutte le informazioni contenute nell’originale, ma
perché in sostituzione al vero addotto, possono anche utilizzarlo, di volta in
volta, per svariati scopi, non ultimi quelli militari.
Gli eventi, quindi, stavano inaspettatamente
precipitando. Cercai di nascondermi e di non farmi scoprire dagli altri Malachim
e dagli altri esseri viventi, la cui specie era a me sconosciuta, che
lavoravano in quell’immensa sala, o campo di coltura, dalla forma rettangolare,
illuminata a giorno, all’interno della quale feci quella macabra scoperta.
Mi resi conto, sin da subito, che era pressoché
impossibile nascondermi e non farmi scoprire. Uno degli esseri che lavorava con
i Malachim si accorse di me.
Tutti sembravano agitati e preoccupati, forse per quella
forte esplosione che avevo udito mentre mi trovavo nella stanza in compagnia
del Malachim, poi deceduto, che per poco non mi costò la vita.
Erano troppi indaffarati per darmi la caccia. Compresi
allora che forse non avrei avuto scampo e che mi sarebbe stato oltremodo
difficile trovare una via di fuga.
Mi guardai intorno, e mosso dall’istinto di conservazione
che ognuno di noi possiede, cercai di trovare un riparo. Sulla mia sinistra vi
erano dei contenitori di metallo vuoti, verosimilmente utilizzati dagli alieni
per portare avanti la clonazione degli esseri umani. Ero esausto e le mie
condizioni di salute non mi permettevano di continuare a fuggire. Decisi di
entrare all’interno di uno di quei contenitori e di attendere lì, rannicchiato
in posizione fetale, sino a quando non mi fossi ripreso, anche se lo scoramento
era così forte che non immaginavo potessi riuscirci.
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Nibiru per gli antichi Sumeri era il corpo celeste associato al dio Marduk. Il nome deriva dalla lingua accadica e significa punto di attraversamento o di transizione. Nella maggior parte
dei testi babilonesi è identificato col pianeta Giove (nella tavoletta n. 5 dell' Enûma Eliš potrebbe essere la Stella Polare, che a quel tempo non era quella di oggi, ma Thuban o forse Kochab).Sitchin, sulla base di una propria interpretazione personale delle
scritture sumeriche, giunge alla convinzione che Nibiru sia un diverso e
sconosciuto pianeta. Nella sua costruzione teorica affianca al pianeta Nibiru
il pianeta Tiamat. Quest'ultimo sarebbe esistito collocandosi tra Marte e Giove. Egli suppone che fosse un fiorente mondo con giungle e oceani la cui orbita fu distrutta dall'arrivo di un grande pianeta e di una piccola stella che attraversò il sistema solare tra i 65 milioni e i 4 miliardi di anni
fa. La nuova orbita assunta da Tiamat avrebbe fatto sì che collidesse con
Nibiru. I detriti di questa collisione avrebbero dato vita alla fascia principale, alla Luna e alla Terra. Per misurare la precessione degli equinozi, tra gli
antichi Sumeri e in Babilonia, il cielo sarebbe stato diviso in 7 spicchi, ciascuno dedicato a uno dei 7 maggiori Anunnaki, ogni spicchio misurante circa 50 gradi sull'equatore
celeste. Con la precessione l'equinozio di primavera si sposta nel corso dei secoli lungo l'eclittica, attraversando via via i vari spicchi in cui era diviso il cielo. Il
passaggio del punto equinoziale da uno spicchio all'altro determinava
l'attraversamento di una fascia di confine di circa 1,5 gradi, corrispondente a
circa 3 volte il diametro apparente della Terra proiettata sulla Luna durante un'eclissi. Tale fascia di attraversamento era Nibiru, nella quale la sovranità del
cielo non apparteneva ad alcun Anunnaki particolare, e dunque gli dèi potevano
scendere sulla Terra. Ogni 3600 anni si ripete il passaggio tra uno spicchio di
cielo e l'altro, e si ha il ritorno di Nibiru.
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